Lo chiamavano Pomidoro

🎙️🎧 Nuovo episodio di “Fatti Pregare” dal titolo: “Lo chiamavano Pomidoro”

Cari amici e seguaci, siamo tornati con un nuovo episodio di #FattiPregare. Oggi affrontiamo un tema 🌶️🍅 “scottante” in India: il prezzo del pomodoro 📈.
Le anomalie climatiche hanno causato un aumento vertiginoso, rendendolo una questione politica delicata.
Noi, che di solito ci troviamo a tirare i pomodori addosso, abbiamo il dovere di parlarne! 🌍🌱

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Sardine che si agitano nel mare

logo sardine palermo
logo sardine palermo

Qualche giorno fa, narrano le cronache, che a Palermo si siano ritrovate circa 4000 “sardine”, persone, che tutte messe insieme, formerebbero un banco contro la deriva “fascista”, di questo paese. Il movimento nato intorno ai social network, raccoglierebbe individui che spontaneamente si raccolgono nelle piazze a manifestare appunto, contro la prepotenza di nazione rappresentate dall’attuale “Lega” di Salvini ivi compresa tutta la sua compagnia al seguito.

Fin qui tutto apparentemente interessate, seppur, sento la necessità di evidenziare un paio di cose che ruotano attorno a questo ormai celebre movimento della gente. L’ennesimo.

La prima è che a Palermo, un modo per celare un accordo nato clandestinamente tra le parti, viene espresso dietro alla maschera di un celebre modo di dire che è “pasta chi sarde”. Con questa piccola premessa, vorrei illustrarvi intanto quello che mi è arrivato durante questa “celebrazione” del pesce, per poi arrivare ad alcune considerazioni più generali sui movimenti della “gente”.

Ad esempio, probabilmente ispirati dalla possibilità di un accordo pasta con le sarde, ecco che in quella piazza erano presenti alcuni esponenti di tutto l’arco costituzionale politico del panorama cittadino che avranno pensato bene, di mescolarsi al banco sapido delle sardine per colmare il proprio vuoto d’esistenza. E’ sempre bello farsi due selfie con tanta gente intorno, specialmente se in prospettiva ci si vuole ricandidare.

Tra la loro, per dire, non ho potuto fare a meno di notare attuali Sindaci, ex candidati a sindaco con il centro destra (eh si, alleati di Salvini), ex senatori del Movimento Cinque Stelle, gran parte della galassia dei defunti/rinati di Liberi e Uguali e tantissimi amici di Italia Viva, i renziani per capirci, che da veri appassionati della spesa “low cost”, probabilmente sono andati da quelle per verificare l’occhio della sarda. Ora, questo “neonato” movimento, e scusate il gioco di parole, “nato dalla gente”, altra frase che si una per celare qualcosa di uguale e non libero ma che deve apparire naturale, si é presento alla piazza sotto forma di tantissime persone e questo di per sé é l’unico aspetto che finora ho apprezzato. 

Quello che però non mi piace, oltre al succitato impasto di ex qualcosa, é per esempio l’aver fatto di una rappresentazione popolare, un “brand”. Già, perché al di là del fatto che sia nato ed esploso così in fretta, la cosa che mi incuriosisce di più é questo fatto che si é subito pensato di registrare il marchio delle sardine. In sostanza è come se domani mattina scorreggiassi sul bus, e la prima cosa che pensassi di fare, piuttosto che dimostrare che quella non é puzza, ma fragranza, fosse quella di registrare la macchia sulla mutanda, elevata a simbolo della forza aggregativa che pirito e merda hanno di suo per costituzione.

Quindi, per sintetizzare, neanche sono nati e pochi giorni dopo hanno sentito la necessità di brandizzare “piazza e gente” allo stesso modo di come si identifica e marchia un qualsiasi sottoprodotto da discount. Perché dico questo, perché trovo assurdo che la prima cosa che si sia pensato di fare di un sentimento, sia stato quello di rinchiuderlo all’interno di un brand rivendibile in qualche contesto, magari che ne so, sotto forma di magliette. E lo capisco che Ficarra e Picone lanciarono una bella idea parlando della fama di Che Guevara nel mondo della moda, ma si può veramente circoscrivere in un logo, una in una piccola “r” un sentimento?

Successivamente, la seconda domanda che mi pongo e vi giro è poi sempre la stessa, finita l’aggregazione contro qualcuno, l’idea, l’ideologia, qual é? Ho letto il manifesto, ne condivido alcuni punti ovviamente, ma ci si può presentare ancora dicendo no ai partiti, no ai simboli, no alle ideologie? Ma veramente siamo convinti che serva un qualcosa di già visto che non parli ad una visione del mondo?  Io credo proprio di no, perché la necessità di oggi che poi è quella di sempre é avere una visione del mondo, delle cose del mondo, del funzionamento del mondo! Un’idea, un’ideale di mondo, e non mi basta dire no a Salvini e alla sua Lega, per sentire appagato il mio desiderio di realtà! Non servono i simboli, servono simboli associati ad idee e quindi ad ideologie.

Il fatto di aver alzato immediatamente le mani davanti a domande che facevano riferimento alla vostra idea politica del mondo, mi mette più paura dell’idea inutile del mondo che hanno i seguaci di Salvini!  Perché di domande ne abbiamo tutti tante e a queste domande devono rispondere visioni precise del futuro, non l’unione sotto all’egida di un marchio (pure brutto eh). Qual é lo spirito che succede alla piazza? Qual é lo spirito che metterà un qualcosa di concreto tra gli ex di tutto? Perché attenzione, quelli di cui parlavo sono già al loro posto in prima fila, non é che li schioderete così facilmente. Sono gli stessi che hanno ucciso qualsiasi argomentazione su ambiente, politica, dignità, lavoro e così via.

Nella vostra azione, al momento, ho visto solo la nascita di un marchio, di un logo, di un claim e di una piazza, piena, per carità, ma che risponde esattamente a schemi già visti e rivisti decine di volte! Sarete stati anche bravi a far presenziare tutte le ex al vostro “Life Achievement Award” riunendole al tavolo come un Jack Nicholson qualsiasi, ma non è sufficiente; sicuramente non è stimolante trovarsi in una piazza e rivedere le solite trite e ritrite facce tristi del fallimento. Questo lo abbiamo già visto decine di volte, in Sicilia poi migliaia; abbiamo avuto lenzuoli, forchette, forconi, onde e ora non ci mancavano pure i pesci.  Che poi anche a me piacciono le “idee” che vengono dalla “gente”, mi piacevano pure i “Cinque Stelle”, poi ne hanno voluto fare un brand senza identità e il risultato si é visto.

Mi piacevano pure le “forchette rotte” (non è vero), solo che già le vedovo posizionate alla destra della portata e infatti…  Mi vorrebbero piacere ancora le piazze, ma se a riempirle ci saranno sempre le questioni contro e mai le questioni pro, allora mi dispiace, ma fazzu a sulu, in solitaria.

Occhiu vivu!

No al taglio dei Parlamentari, sí alle preferenze

Il nuovo governo post Salvini è nato, ci siamo tolti dalle scatole, almeno per un po’, l’arroganza di Governo della Lega e presto arriveranno le nuove cose di cui lamentarci. Nel frattempo, prima della prossima crisi, vorrei lanciare una piccola riflessione su uno dei punti di programma presentati da Movimento Cinque Stelle con il sostengo del Partito Democratico soffermandomi sul tema del taglio dei Parlamentari.

Questo è un elemento che mi irrita davvero tanto e per un motivo che trovo pure assai banale da argomentare. Semplificando, lo sbandierato taglio è difatti un atto palese di indebolimento della democrazia che non porterà neppure alcun beneficio alla collettività.

Quei pochi “spiccioli” recuperati in termini economici infatti non avranno alcuna ricaduta reale per il miglioramento del Paese. Non sarà di certo mezzo miliardo di euro a cambiare le sorti di uno stato che necessita nell’immediato di riforme per almeno ulteriori diciannove miliardi e mezzo.

Ad essere intaccata invece sarà la rappresentanza territoriale, in soldoni, la democrazia di questa Nazione.

Semplificando ancora, da quando sono state tolte le preferenze che per molti erano anche l’unico momento per incontrare un Deputato, abbiamo disintegrato i partiti, figuriamoci cosa accadrà quando questi ultimi verranno dimezzati nel numero. Che interesse avranno, partiti e persone, a raggiungere i territori più sperduti?

Le campagne elettorali si concentreranno sulle grandi città, e chi se ne fotte dei paesuncoli con strade di merda che ad andarci rompe pure i coglioni!

Negli ultimi dieci anni, forse quindici a dir la verità, sono stati cancellati tutti i punti di contatto con la collettività, dai circoli alle segreterie fino anche la raccolta dei voti ai partiti e ai candidati.

Capisco bene la voglia di fare qualcosa, di dimostrare di aver attuato almeno uno dei punti fondativi di un movimento di protesta quale era il Movimento Cinque Stelle che più desidera tale riforma costituzionale, ma ad oggi, a ragion veduta, non sarebbe meglio rivedere anche su questo? Non sarebbe meglio aprire gli occhi finché c’è tempo?

Non sarebbe più equilibrato trovare dov’ è giusto tagliare senza intaccare quel minimo di democrazia rappresentativa che ancora ci resta?

Non lo ritenete anche voi un diritto questo?

Reddito di scimunitanza

reddito di scimunitanza

Trasformare la questione del reddito di cittadinanza in reddito di “scimunitanza” sta sinceramente facendo scadere qualsiasi ragionamento post voto.

Questo fatto che il m5s sia stato votato esclusivamente per la misura appunto del reddito è una bufala a cui solo degli stupidi allocchi possono credere. Intanto chiariamo un punto: al sud non siamo degli imbecilli.

Non voglio schierarmi ne con loro ne contro di loro, ma a conti fatti, nel mezzogiorno gli unici fin qui ad aver fatto assistenzialismo sono la Dc e gli eredi nostalgici di quel sistema di potere. La ragione però su cui mi concentrerei è poi una sola: auto-sostenersi è un diritto!

Non è un privilegio pensare di campare. Non una volontà per scansarsi il lavoro.

Continuare a parlare di assistenzialismo in termini dispregiativi mi fa ribrezzo, e anche sinceramente orrore. Prima gli italiani, che non è sicuramente uno slogan del “movimento”, passa anche da un presupposto: gli italiani debbono stare meglio!

Per farlo hanno bisogno di lavoro e reddito certo. Se le case sono sfitte, se i negozi sono vuoti, se non c’è lavoro è perché non circola denaro, non perché si pensa agli immigrati.

Sono concetti elementari, banali. Quando tutti, dal nord al sud, vi troverete senza un lavoro, perché nessuno è disposto a pagarvi, auguratevi che qualcuno abbia a cuore di sostenervi, pagare la vostra birra e se avete avuto coraggio, le spese della vostra famiglia.

Insomma auguratevi che almeno la politica si curi di voi.

Potere al fosforo! (questo post è ironico)

potere al fosforo

Stiamo per arrivare al fatidico 4 marzo. Ho scritto svariati post sulle prossime elezioni, soprattutto di partiti e personaggi. Manca ancora qualcuno all’appello, non un errore di distrazione, più mancanza di volontà. Oggi però riparo il torto.

Baglioni fece un album dal titolo ” quelle degli altri tutte qui”, ecco, questo post vuole raccontare quelli di cui non parlo mai, gli altri, l’ultima riga della colonnina dei sondaggi. Ovviamente tutti qui.


I PARTIGIANI DEL PD


Cominciamo questo piccolo viaggio da quelli che ancora non sono un partito, i “Partigiani del Pd”, un gruppo di ribelli col pennacchio, che ho già citato di sfuggita qualche giorno fa scrivendo di Leoluca Orlando, ma che meritano una menzione speciale per questa elezione.

Sono il partito del 5 marzo, cioè del post elezioni e per questo hanno già annunciato iniziative all’indomani del voto.

Partigiani del pd
Foto dei Partigiani del Pd “arrubbata” sul web

Sono una corrente, anzi, uno spiffero, all’interno del Pd, contano nella forza di big che ancora non si espongono e si vestono come negli anni sessanta. Sono stempianti, barbuti e con il brio dell’acqua sgasata, ma si vendono come giovani frizzanti. Praticamente la Ferrarelle elettorale.

I partigiani nascono per via della rottura tutta interna ai democratici causata dalle scelte di Matteo Renzi in merito alle candidature siciliane.

I partigiani del Pd al circolo Noce

Si asterranno dal fare campagna elettorale, omettendo il dato oggettivo, cioè se voteranno, ottenendo però così un preventivo successo in carriera.

Intestandosi infatti il non voto, come se ne fossero artefici e non complici storici, per la prima volta in carriera saranno parte visibile, concreta, dell’analisi della sconfitta.

Il giorno dopo appunto.

Nemici giurati: Matteo Renzi, Davide Faraone, Gambadilegno, il Commisario Zenigata, la curcuma, la pianta di felce, gli 883 con Mauro Repetto e Pupi Avati. Premio: Ai caduti. Dal pero.


POTERE AL POPOLO


Potere al Popolo

A sinistra della sinistra prende campo l’opzione “centri sociali” con “Potere al Popolo”, un gruppo nato a Napoli e diffusosi in Italia grazie al “potere”, globale, di Facebook.

Stanno nei sondaggi, come da tradizione, perennemente nella colonnina degli “altri”, esistono però quasi sicuramente. Ne ho certezza per via del fatto che ne ho visto uno anche dal vivo. Pubblicano foto di teatri strapieni e file da centro commerciale ai loro eventi.

Sui social straripano contenuti e sondaggi marchiati con il simbolo. Hanno statistiche su tutto, dall’acqua piovana alle gocce di piscio che si riversano sui fiumi. Mettono una virgola sui numeri rendendoli credibili. La tecnica è quella dei fruttivendoli: scrivono qualcosa, ci mettono il “virgola 99” e lo vendono come un dato concreto.

Sono affamati di “cioè”, “però” e di democrazie di matrice venezuelana, godono dell’invisibilità dei media che ne certificano l’esistenza con comparsate tv a cui partecipa quasi sempre una sola di loro, il “capo politico”, come vuole questa legge elettorale.

Sono pro qualcosa e contro tutto, si dicono fuori dai partiti, ma ne hanno uno dentro, Rifondazione. Contraddittori a partire dal nome, dove le parole potere e popolo, si sposano e divorziano nella visione di un istante: lo spoglio elettorale.

Sono 5, ma sembrano 100.

Nemici Giurati: Liberi e Uguali, Enrico Mentana, il casatiello fuori stagione, le multinazionali, la doccia, l’elettricità, l’ironia, gli abbracci con la polizia, le foto panoramiche ed il morbillo. Premio: Simpatia (questo premio potrebbe non essere vero!).


FORZA NUOVA


A Palermo per sottolineare un’ idea idiota o un’azione altrettanto stupida si usa ironicamente dire, indicando la persona protagonista del fatto con uno sguardo leggermente indignato: “E Mussolini vuleva vinciri a guerra!”

Ecco a ben vedere, i seguaci del Dvce rimasti, debbono essere ancorati a questo semplice slogan di scherno.

Per capirci bene.
C’e’ un video su “RepubblicaPalermo” (lo trovate qui), pubblicato all’indomani della feroce aggressione ai danni di un esponente di “Forza Nuova” nel capoluogo, che poi è anche il protagonista del filmato e che a mio avviso, in quei due minuti di servizio li racconta perfettamente o almeno per come io li immagino.

passeggiate per la sicurezza

Piccolo antefatto: Forza Nuova a Febbraio annuncia di voler fare delle passeggiate per la sicurezza per le vie più “preoccupanti” della città. Praticamente delle ronde di “controllo”.

I cronisti, solerti, che mai si disinteressano di notizie stupide, dunque, si fiondano per darne risalto (Qui il comunicato di Forza Nuova nazionale e qui un pezzo del Fattoquotidiano.it)..

I fatti.

Nelle immagini registrate da Repubblica, i protagonisti sono 5 o 6, cazzuti e concentrati mentre salgono su di un autobus di linea di cui non si registra la tratta. Stanno raccontando l’iniziativa quando all’improvviso, proprio mentre stanno organizzando le truppe, i loro volti si tramutano. I loro occhi diventano spaventati e contriti. I nervi sono tutto un “fascio”, i tatuaggi prendono forma sotto ai pantaloni attillati e giubbotti da club di motociclisti post Vietnam.

tutti serrati

A questo punto chiamano la fermata e il loro “capo”, non so se dice così, si rivolge ai camerati e alle camere con l’ordine: “tutti serrati!”
I passeggianti più gli operatori del giornale a quel punto scendono dal bus; i primi in formazione “5 di mazze”, gli altri a “2 di coppe” al seguito.

La formazione a 5 di mazze

Nella scena successiva si parla quasi sottovoce, i toni infatti si abbassano e le operazioni sembrano svolgersi in luogo appartato. La giornalista tenta di capire cosa stia accadendo continuando a fare domande. L’atmosfera appare tesa, il “capo”, assai demoralizzato, ammette sconfortato, che il gruppo è stato individuato, seguito e di dover rinunciare alla ronda per queste ragioni, però li invita anche a proseguire il servizio in solitaria.
La giornalista incredula, chiede lumi: “allora per problemi di questo tipo non rifarete più l’iniziativa?” Alla domanda non segue risposta, anzi, un “no”, appena accennato e poi una mano per fermare la domanda, successivamente c’è un taglio sul montaggio, non si capisce se voluto o perché non è stata rilasciata una dichiarazione utilizzabile.

Fine del servizio.Restano mille dubbi e cioè, questi “giovani” palestrati e con la faccia da cattivi, la camminata da miglior attore non protagonista in “Sons of anarchy” si mettono paura dei ragazzini del Liceo Cannizzaro e rinunciano alla ronda di sicurezza? Ma scusate, su chi volevate vigilare? Sui pensionati ? No perché le vecchiette impaurite ci danno dentro con le borsate! Eh!

Infine, se dovevate “passeggiare” lungo le linee dei quartieri a rischio, che ci facevate in via marchese di Villabianca, nei pressi del liceo e cioè nel quartiere libertà? Ma che rischio è? E ancora: chi erano i destinatari da proteggere e chi quelli da cui difendersi? A chi era rivolta la passeggiata?
Chi vivrà, vedrà.
Nemici Giurati: I centri sociali, Obi Wan Kenobi, Milly Carlucci, L’amaro del Capo, il gas di città, la linea 101, le famiglie al ristorante coi bambini, i venditori di rose ed il battimanine che viene papà. Premio: Al coraggio di crederci ancora.


CASAPOUND


Diversi da Forza Nuova per via di un logo che rimanda alla filosofia della tartaruga e distinguibili grazie ai giubbini col pellicciotto di cammello sul collo, i militanti di “Casapound” si preparano ad entrare in parlamento ovviando alla tradizionale marcia su Roma.

Da qualche giorno hanno presentato il programma, scritto in “Futura 32” e che, dicono, l’Istituto Cattaneo avrebbe certificato quale programma più credibile di questa tornata elettorale (fonte PalermoToday).
Dopodiché pare che l’istituto sia stato trasformato in “Istituto di Igiene mentale Commissario Corrado Cattani”.

Amano la barba curata, i capelli squadrati, le arti marziali, gli acquerelli. Lottano per il diritto alla casa, le canzoni di Battisti senza Mogol, il festival di Sanremo senza stranieri, prima gli italiani!

Nemici Giurati: Le classifiche dall’ultima alla prima, la metà del corpo a sinistra, i calzini spaiati, il colore bianco, lo scooby doo rosa, gli asparagi che danno un odore agre all’urina, i poliamorosi e la “U” a forma di “U”. Premio: Miglior programma e cinepanettone.

Effetto karma con molta karma

L’effetto karma, ma attenzione, con molta karma.

Le campagne elettorali ci regalano uno spaccato di uomini che girano come anime vaganti in cerca dei danni commessi da riparare.

Ecco, se fosse realmente così, vivremmo in uno spettacolare sistema perfetto, fatto di persone, sì, ma che contribuiscono a cancellare il danno creato.

Una sorta di karma della politica: ciò che ci ha tolto, verrà finalmente restituito con le elezioni successive.

Ovviamente non è affatto così, anzi, il politico ruota intorno al danno per scansarne gli effetti nocivi e se possibile causarne di nuovi.

Un “butterfly effect” infinito che vaga nel sistema sociale e che travolge all’infinito tutto ciò che trova sulla sua strada.

Lavoro, salute, flussi migratori, sicurezza e ancora università, diritto allo studio, diritto di sopravvivere e perché no, reddito di cittadinanza. Potrei continuare questo elenco in eterno e segnare tutto ciò di cui la politica, anzi, i politici, si disinteressano.

Argomenti che vengono alle volte anche trattati con soluzioni superficiali e demagogici. Basta pensare alla questione “migranti e sicurezza” o al famigerato “reato di femminicidio”, come se il diritto di restare al sicuro e in vita non fosse già insito nella nostra costituzione, nel nostro ruolo di cittadini.

Tutti, senza asterischi.

E allora avviamoci al 4 marzo con lo spirito depresso di sempre, la consapevolezza che per ottenere l’azione del karma c’è ancora tempo, anzi, tanta karma.

Karmissima.

Il club delle menze maniche di Palermo

CLUB MENZE MANICHE DI PALERMO

Ciccio Cascio, Gianfranco Miccichè, Dore Misuraca e Diego Cammarata; i 4 temuti esponenti palermitani che formavano il “club delle menze maniche di camicia bianca” si è ormai definitivamente sciolto.

diego cammarata scrive a doreQuel che resta di un sistema di potere e aperitivi rinforzati, si è ormai dissolto come un candeggio riuscito male. Lo dicono i fatti, lo dicono le cronache, lo dicono anche le lettere di “suo pugno” (Leggi alla voce Diego Cammarata in fondo al pezzo).
Tra la fine degli anni ’90 e la fine del primo decennio del duemila, questi quattro, erano, insieme a Ciccio Scoma, che è un po’ il Riccardo Fogli di questi Pooh della politica, i padroni di Palermo.
Lo dicevano numeri e incarichi, lo dicevano interviste e ruoli di potere.
Erano il cavallo bianco di Napoleone di quel sessantuno a zero che rese Miccichè il P.R. indiscusso della Sicilia e Berlusconi il capo del Governo.
Il blocco del “qui si può”, per parafrasare un noto pezzo dell’alter ego musicale, in grado di eleggere sindaci e amministrazioni premiando uomini per il solo merito essere amici.
Dominavano e fagocitavano le folle con l’arma dei sorrisi ammalianti e delle abbronzature alla Miami Vice.
Tenenti di un esercito del destino dal petto villoso, di una guerra giocatosi tra il tennis club e le serate danzanti nel cuore della città cementificata.
CLUB MENZE MANICHE DI PALERMOQuel tocco di esotico vippismo che tanto piace ai “Miserabili” e principalmente ai miserabili con tessera Vip, che per un decennio e non solo, hanno consentito a Forza Italia di essere bello e sciccosissimo tempo.
Lo so, la mia è una affermazione forte e forzata, ma scremata dalla licenza letteraria, alla fine, tutti ricorderanno ciò che sto descrivendo, senza avere necessità di un “rinfresco di memoria”.
Ma come ogni storia da alcolista insegna; dopo una sbornia, arriva sempre un mal di testa fortissimo. Ecco dunque giungere una discesa, quasi una serata da settantenne che ha dimenticato il viagra ad un’orgia di potere, che noi chiameremo più semplicemente: secondo decennio del duemila.
Una nuova (!?) generazione di giovani marmotte a mezze maniche, capeggiata da Angelino Alfano (ex forzista) e Matteo Renzi (ex margherita) formavano un sodalizio che in pochi mesi avrebbe saccheggiato quel che restava degli ormai defunti partiti.
Con una sorta di shakerata post elettorale infatti, avrebbe preso il potere, aggiungendo all’indigesto cocktail una fetta di limone, i democristiani dispersi. Avrebbe anche diviso il potere con la formula dei grandi portatori di voti e accontentava le masse, bramose di cambiamento. Praticamente una selezione della differenziata, mettendo nel sacco l’utilizzabile e lasciando filtrare l’umido nel sottosuolo.
Da quel momento, coinciso con la caduta del secondo impero silvista, il quattro bianchi di Palermo ha smesso di essere gruppo, di essere blocco, di essere aperitivo esclusivo. Divisi un po’ di qua e un po’ di la. Soli, come uno “Ius” in casa Meloni, rimasti senza cordone e paletti a dividere i belli dai brutti, i sorrisi dalle coltellate, i fighi dai fiaschi, i pettinati dagli spettinati.
Ma il sottosuolo tutto ciò che assorbe, prima o poi, lo sputa fuori. A piccoli spruzzi infatti, ecco tornare di scena vecchi simboli e partiti per coagularsi sotto al sole caldo della disfatta dei nuovi Marescialli dalle maniche arrotolate. Renzi e Alfano insieme sono durati meno di una prestazione occasionale, di un lavoratore a voucher o di un po’ di sesso al telefono con l’199 che poi costava caro e dunque meglio “venire” subito. Una coppia di oggi, sposata, ma pronta a divorziare alla prima avance dall’esterno.
dore misuraca
Forza Italia dunque, lentamente, tornava ad esistere e con lui vecchie glorie ringalluzzite a sperare. Berlusconi, sempre lui, sul posto a riassegnare medaglie al valore. Miccichè, dimenticato nell’angolo come una “babe” qualsiasi, piano piano, a riorganizzare le truppe, vincendo, alla prima occasione, le bislacche elezioni  siciliane.
E man mano che le elezioni nazionali si avvicinano, rientrano in squadra quasi tutti: compresi il numero due Cascio ed il riporto Schifani.
Torna a parlare persino Diego (qui la lettera), il numero 3, scomparso ormai da quasi un decennio e sconvolto, persino lui, dalla decisione di uno dei bianchi, Dore, il numero 4, di entrare nel Pd.
L’uomo con la giacca sulle spalle, Misuraca, quasi un messaggio di allora per distinguersi nel club, infatti, ad un mese dalle elezioni decide di tesserarsi al partito democratico, folgorato, pensate un po’, dalla missione speranza e carità voluta dall’aggregato renziano sudato di Sicilia, Leoluca Orlando e Davide Faraone.
Il sintomo, questo, di una fine che non avrà mai fine, ma di un finale che varia a seconda della stagione.

Questione di questioni

Questione di questioni

Questione di questioniTra poche settimane si chiuderanno le liste elettorali che proietteranno i siciliani verso gli ultimi 30 giorni di campagna elettorale. Quelli veri, dove non mancheranno colpi bassi e gli immancabili premi “fuffa” per le sparate più grosse.

Per dirne una, è ricominciata la storia del ponte quale opera strategica per lo sviluppo della Sicilia.

Vabbè. A canusciemu chista.

Il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana è storicamente il nodo centrale su cui poi si riassettano alleanze e partiti dei prossimi cinque anni. Praticamente l’anno zero, il reset generale per tutti i sistemi operativi della politica locale. Un tempo si riteneva fungesse da laboratorio in proiezione delle politiche. Praticamente noi le cavie inconsapevoli per la costruzione delle nuove camere, usati come “maiali” della cosmesi.

Negli ultimi anni ad esempio, si parlò di “modello-sicilia”, quando per un brevissimo periodo Crocetta riuscì a dialogare apertamente col Movimento Cinque Stelle, suscitando clamore su tutto il territorio nazionale. Durò pochissimo, ma si sperimentò.

Un po’ come quando fai giocare dei bambini con le costruzioni, ci giocano fino a sera, poi tutto viene smontano e conservato nella scatola, per poi ricominciare da zero l’indomani.

Funziona esattamente allo stesso modo, solo che nelle scatole ci vanno sempre i buoni propositi, i progetti e tutte le promesse, mentre i bambini si mettono a letto, comodi, al calduccio.

Saltano alleanze, ci redistribuisce, ci si accorda e tutto quello che è stato fatto il giorno prima non esiste, è una partita a se.

Ecco quindi che, giusto per farvi un altro esempio, a Palermo, la sinistra “sinistra”, che ha chiuso in primavera una alleanza “strategica e programmatica” anche in vista delle regionali con Leoluca Orlando e con il carrozzone identico a quello che oggi si presenta all’appuntamento per il rinnovo dell’Ars, diventa improvvisamente un accordo “insostenibile”.

Attenzione. Giusto così. Ma doveva esserlo anche a Palermo, dove, le presenze ingombranti erano esattamente le stesse. Un pò come se le influenze un peso diverso a seconda dell’istituzione che si intende guidare.

In realtà, gli addetti ai lavori conoscono bene i motivi di quella scelta. Meno i disattenti. E allora ci si presenta separati in regione e sposati in città, con un doppio ruolo complicato da spiegare e discutere, sia politicamente che logicamente.

Ma chi se ne frega. Un po’ di cipria copre tutto.

La coerenza in politica non è poi solo una questione di fatti, alla fine è un problema di dignità. Un evidenza che viene superata dalla “necessità” di sopravvivere a tutti i costi. Non ci si assume mai la responsabilità di non essere stati scelti, di non essere risultati credibili o semplicemente di non stare simpatici.

Il cambio casacca quale metodo, strumento, per riciclarsi.

Allora capita pure che due mesi prima ti candidi con un partito e all’alba di una nuova elezione vieni folgorato dal “cambiamento”, fino allo spergiuro di quanto fatto fino al giorno prima.

Una volta perso il giro, si deve e si può calpestare tutto: percorsi, identità e valori, principalmente. Appunto una questione di dignità.

Una semplice “questione di questioni” come la chiameremmo da queste parti.

Valori che probabilmente non si avevano neppure prima, quando in qualche modo s’ era riusciti ad entrare nel “circuito degli eletti”. Dei buoni. Poi invece un colpa di tromba, irretisce, trasforma in una notte. Ed è un modo elegante per dire che sono dei semplici “trombati” con il solo obiettivo di collocarsi in un nuovo spazio.

Ci si sposta, come sostanze liquide, fino al prossimo argine. E facciamone pure una questione di punti di vista, il mio è questo. Il vostro spiegatelo agli elettori.

Ferrandelli, amico mio (prima parte)

È giovane e per almeno altri 15 anni ce lo continueremo a ripetere. Lo era cinque anni fa, proprio quando, di questi tempi, erano sei mesi ch’era partita la sua corsa alla poltrona di primo cittadino.

Oggi inizia la mia avventura sul rinnovato Balarm, sara’ un percorso divertente e satirico, almeno per me e spero lo anche per chi legge, senza nulla a pretendere.
Sarà un modo per raccontare la politica ed i suoi mutamenti in modo più leggero e stuzzicante.
Voglio esprimere un ringraziamento speciale a Fabio Ricotta e Mariantonia Ciprì per avermi coinvolto in questa avventura e a cui auguro di poter raccontare questa città per tanto tempo.
Auguri Balarm

È l’uomo politico del momento, in “negativo”, purtroppo, ma pur sempre del momento. Fabrizio Ferrandelli, coetaneo e “amico mio”, fa politica da tempo immemore. È giovane e per almeno altri 15 anni ce lo continueremo a ripetere. Sì perché Fabrizio era/è il nome nuovo di Palermo. Lo era cinque anni fa, proprio quando, di questi tempi, erano sei mesi ch’era partita la sua corsa alla poltrona di primo cittadino. Sei mesi che lo portarono pian piano nelle grazie dei buoni della politica locale.

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Dal 4 aprile su Balarm: “Amico mio”

foto per Balarm

Dal 4 Aprile sarò su Balarm con un blog che racconterà la politica palermitana e siciliana.

foto per Balarm
Fabio Ricotta, Mariantonia Ciprì, Caterina Damiano e Carmelo Di Gesaro

L’idea di “Amico Mio”, in generale, prende spunto dal tipico modo di fare dei siciliani in presenza di un nome noto. E’ usanza infatti, proclamarsi pubblicamente amici di chicchessia: “Ma cui chiddu? Amico mio è”.

Amico mio, è un sistema per raccontare i personaggi e la politica con un linguaggio più amicale e satirico. Quasi da bar.
Saranno dei percorsi all’interno delle biografie a cui sommare un’intervista con domande che prendono spunto dal pezzo stesso. Un modo per far rispondere i personaggi alle frecciatine e ai dubbi nati lungo la stesura stessa del racconto.
Amico mio, farà conoscere la politica e i politici in modo più “friendly”, una sorta di dietro le quinte, da bar.

Seguitemi!