Uomini e donne perbene

Uomini e donne perbene
Io Pippo Bea e Franz
Io, Pippo, Bea e Franz in un momento di relax a Palermo

Gli uomini e le donne perbene in politica stanno sempre a pagare il conto.

L’esclusione di Pippo e Beatrice mi da profonda amarezza poiché toglie a questo Parlamento una voce lucida e coerente, due peculiarità che non piacciono alla “razza” politica delle persone.

Segreteamente era un risultato che immaginavamo, il nostro rosatellum nel rosatellum. Leu è un progetto nato con la morte nel cuore, tre zampe ed un chiodo nella testa.

Fallito, in ogni suo aspetto. Regolamenti nati per non essere rispettati, uomini chiamati per essere sfruttati e voci usate per cantare canzoni di altri.

Insomma, dagli ex compagni del Pd, ci si aspettava il cambiamento che non si era riusciti neanche a proporre nel Pd, invece è nato un figlio zoppo del renzismo, con le stesse dinamiche, gli stessi difetti ed in percentuale, gli stessi voti.

Mi dispiace molto, ma la smetterei di parlare di sinistra, pensando che la sinistra sia solo uno spazio da saccheggiare per inutili idioti.
Forza Giuseppe Civati, forza Beatrice Brignone, due amici che mi faranno compagnia per lungo tempo

Qui il post/commento di Pippo sul risultato del 4 marzo

p.s.

Ho preso in prestito questa vignetta da Mario Natangelo. Spero mi perdonerà per l’uso personale che ne sto facendo. Nel frattempo, se avete tempo, oltre alla pagina facebook di Mario che vi consiglio di seguire, date un’occhiata anche al suo blog.

A tutto campo amico mio

a tutto campo amico mio

Eroi a tutto campo con l’avvicinarsi del 4 marzo. Mancano poco meno di 10 giorni al voto. Candidati di tutti gli schieramenti, pochi, decidono di incontrare la gente.

a tutto campo amico mio
Io che do un consiglio per gli acquisti

Mi capita sempre più spesso di partecipare ad incontri elettorali dove oratori spregiudicati, alcuni anche pregiudicati, illustrano la propria storia politica, morale e intellettuale con un tocco di eroismo che manco la Marvell ha mai osato immaginare per i propri personaggi.

Ci sono candidati che hanno condiviso il letto con Lady D., imbiancato la Casa Bianca, illuminato gli Illuminati, montato coi lego la cappella Sistina, cantato l’italiano con Toto Cutugno, sbagliato un congiuntivo con Di Maio, raddrizzato la torre di Pisa, spiegato la bibbia a Dante e per ragioni di tempo non sono stati sbarcati sulla Luna, ma che stanno risolvendo con ampie sessioni di video montaggio notturno.

Foto tratta dalla pagina dei Socialisti Gaudenti

Insomma, fanfaroni dall’ego esagerato.

E’ facile, li riconoscerete con poca difficoltà. Terminano e cominciano le frasi con “Io” ed in mezzo illustrano l’ampio arco di amicizie coltivate nel tempo. Praticamente si raccontano come dei “Forrest Gump” consapevoli e con più talento.

Hanno la soluzione per ogni emergenza, ma ci avevano pensato prima degli altri. S’intendono di tutto e soprattutto di più. Di chi, non si sa.

salvini mangia banane
Salvini mangia banane e pubblica sul suo fb.

Durante le campagne elettorali riscoprono il mare, il turismo e la freschezza della montagna, assaporano sapori bio e dal gusto a km zero, sorseggiano vini frizzanti prodotti nei giardini di casa, aprono chiese con la sola imposizione dello sguardo e snocciolano dati manco se fossimo al dopo cenone di natale con il cesto di frutti secchi di circostanza.

Insomma ci siamo capiti.

Se vi capita di incontrali, individuarli o persino conoscerli, sappiate bene che sono i primi da non votare per le stesse ragioni per cui vi chiedono il voto.

Le campagne elettorali sono diventate così: vuote e piene di pazzi.

Si voterà a Marzo nel segno dei pesci, qualcuno si è improvvisato candidato ed ha lanciato un’esca nel mare.

Voi, non abboccate.

Il club delle menze maniche di Palermo

CLUB MENZE MANICHE DI PALERMO

Ciccio Cascio, Gianfranco Miccichè, Dore Misuraca e Diego Cammarata; i 4 temuti esponenti palermitani che formavano il “club delle menze maniche di camicia bianca” si è ormai definitivamente sciolto.

diego cammarata scrive a doreQuel che resta di un sistema di potere e aperitivi rinforzati, si è ormai dissolto come un candeggio riuscito male. Lo dicono i fatti, lo dicono le cronache, lo dicono anche le lettere di “suo pugno” (Leggi alla voce Diego Cammarata in fondo al pezzo).
Tra la fine degli anni ’90 e la fine del primo decennio del duemila, questi quattro, erano, insieme a Ciccio Scoma, che è un po’ il Riccardo Fogli di questi Pooh della politica, i padroni di Palermo.
Lo dicevano numeri e incarichi, lo dicevano interviste e ruoli di potere.
Erano il cavallo bianco di Napoleone di quel sessantuno a zero che rese Miccichè il P.R. indiscusso della Sicilia e Berlusconi il capo del Governo.
Il blocco del “qui si può”, per parafrasare un noto pezzo dell’alter ego musicale, in grado di eleggere sindaci e amministrazioni premiando uomini per il solo merito essere amici.
Dominavano e fagocitavano le folle con l’arma dei sorrisi ammalianti e delle abbronzature alla Miami Vice.
Tenenti di un esercito del destino dal petto villoso, di una guerra giocatosi tra il tennis club e le serate danzanti nel cuore della città cementificata.
CLUB MENZE MANICHE DI PALERMOQuel tocco di esotico vippismo che tanto piace ai “Miserabili” e principalmente ai miserabili con tessera Vip, che per un decennio e non solo, hanno consentito a Forza Italia di essere bello e sciccosissimo tempo.
Lo so, la mia è una affermazione forte e forzata, ma scremata dalla licenza letteraria, alla fine, tutti ricorderanno ciò che sto descrivendo, senza avere necessità di un “rinfresco di memoria”.
Ma come ogni storia da alcolista insegna; dopo una sbornia, arriva sempre un mal di testa fortissimo. Ecco dunque giungere una discesa, quasi una serata da settantenne che ha dimenticato il viagra ad un’orgia di potere, che noi chiameremo più semplicemente: secondo decennio del duemila.
Una nuova (!?) generazione di giovani marmotte a mezze maniche, capeggiata da Angelino Alfano (ex forzista) e Matteo Renzi (ex margherita) formavano un sodalizio che in pochi mesi avrebbe saccheggiato quel che restava degli ormai defunti partiti.
Con una sorta di shakerata post elettorale infatti, avrebbe preso il potere, aggiungendo all’indigesto cocktail una fetta di limone, i democristiani dispersi. Avrebbe anche diviso il potere con la formula dei grandi portatori di voti e accontentava le masse, bramose di cambiamento. Praticamente una selezione della differenziata, mettendo nel sacco l’utilizzabile e lasciando filtrare l’umido nel sottosuolo.
Da quel momento, coinciso con la caduta del secondo impero silvista, il quattro bianchi di Palermo ha smesso di essere gruppo, di essere blocco, di essere aperitivo esclusivo. Divisi un po’ di qua e un po’ di la. Soli, come uno “Ius” in casa Meloni, rimasti senza cordone e paletti a dividere i belli dai brutti, i sorrisi dalle coltellate, i fighi dai fiaschi, i pettinati dagli spettinati.
Ma il sottosuolo tutto ciò che assorbe, prima o poi, lo sputa fuori. A piccoli spruzzi infatti, ecco tornare di scena vecchi simboli e partiti per coagularsi sotto al sole caldo della disfatta dei nuovi Marescialli dalle maniche arrotolate. Renzi e Alfano insieme sono durati meno di una prestazione occasionale, di un lavoratore a voucher o di un po’ di sesso al telefono con l’199 che poi costava caro e dunque meglio “venire” subito. Una coppia di oggi, sposata, ma pronta a divorziare alla prima avance dall’esterno.
dore misuraca
Forza Italia dunque, lentamente, tornava ad esistere e con lui vecchie glorie ringalluzzite a sperare. Berlusconi, sempre lui, sul posto a riassegnare medaglie al valore. Miccichè, dimenticato nell’angolo come una “babe” qualsiasi, piano piano, a riorganizzare le truppe, vincendo, alla prima occasione, le bislacche elezioni  siciliane.
E man mano che le elezioni nazionali si avvicinano, rientrano in squadra quasi tutti: compresi il numero due Cascio ed il riporto Schifani.
Torna a parlare persino Diego (qui la lettera), il numero 3, scomparso ormai da quasi un decennio e sconvolto, persino lui, dalla decisione di uno dei bianchi, Dore, il numero 4, di entrare nel Pd.
L’uomo con la giacca sulle spalle, Misuraca, quasi un messaggio di allora per distinguersi nel club, infatti, ad un mese dalle elezioni decide di tesserarsi al partito democratico, folgorato, pensate un po’, dalla missione speranza e carità voluta dall’aggregato renziano sudato di Sicilia, Leoluca Orlando e Davide Faraone.
Il sintomo, questo, di una fine che non avrà mai fine, ma di un finale che varia a seconda della stagione.