Ugo Forello, amico mio, sfrattato capogruppo

Io e ugo forello

Ugo Forello, attuale capogruppo del m5s in consiglio comunale nonché ex candidato Sindaco, è stato dimesso dal ruolo a Sala delle Lapidi, senza una preventiva riunione di partito (qui la notizia).

Questo è però quello che l’avvocato palermitano dichiara, passando poi al contrattacco e accusando l’area dei “dimaiani” d’ averlo estromesso dopo le parole da lui espresse, in favore dei giornalisti e della libertà di stampa e la presa di distanza dal Vice Premier e “Capo Politico” del movimento, successive all’assoluzione della Raggi (qui la notizia). E allora a me, che di questa storia “non me n’è può frega de meno”, tocca fare la parte del cattivo, regalandovi un profilo di Forello a tutto ex; ex leader di addiopizzo, dei grillini e di tanto altro ancora.

Ugo Forello, ricordiamolo, amico mio, come tradizione cinque stelle vuole, di nuova e vecchia generazione, pratica la politica del “va scupati ‘u mare”, cioè del vatti a spazzare il mare, retorica di un’azione inutile, spesso praticata dagli attivisti quale esempio di “amore” e “attenzione” verso la propria città.

Possiamo infatti ricordarli dediti a “ripulire”, di sabato pomeriggio, alcune spiagge desolate della nostra città o i giardinetti di periferia, ma spesso soltanto in campagna elettorale (giuro sono disinformato sul resto del vostro impegno).

Lui è il “leader”, anzi l’ex, e quindi gli tocca.

Una storia trita e ritrita che vuoi o non vuoi, tra “verdismi” diversi dai “verdinismi”, “ambientalismi” e “associazionismi” vari, tutti, più o meno una volta nella vita, hanno provato.

Io che scopo il mare nel 2007

E’ toccato anche a me, era il lontano 2007, quando ancora queste si chiamavano semplicemente azioni di cittadini “schiffarati”. Poi, disillusi dal risultato, ognuno tornava nelle segrete e dimenticavamo questa brutta storia.

In sostanza ci rendemmo conto, non tutti, di quanto fosse un atto fine a se stesso, anzi fine/o alla fine della campagna elettorale. Utile, probabilmente, forse, per raggranellare qualche commento sui giornali, qualche like e la simpatia di un nostalgico “vaffanculoide”.

Finita la campagna elettorale infatti, non sempre per carità (formula di rito n.d.r.), finiscono le pulizie, finiscono i giardinetti, finiscono insomma quelle attenzioni particolari, cioè di richiamo alla stampa e ricominciano i tradizionali “pipponi” sul web, i pedinamenti digitali e ogni tanto qualche banchetto nel salotto delle città.

Anche a Palermo, capoluogo tra i più attivi in tal senso, il Movimento alle ultime elezioni di primavera si è presentato con la tradizionale strategia della scopata del mare. Lo aveva fatto già nel 2012, per le regionali e le comunali, lo avevano fatto ancora prima di diventare movimento, quando in tanti vi si avvicinarono.

Altri invece, come me, restarono vicini e lontani allo stesso tempo, ad ammirarne la ripetitività.

Ma chi è allora Ugo Forello?

Oggi, anzi ieri, capogruppo dei pentastellati al Consiglio Comunale e ancor prima candidato Sindaco grazie anche all’altro ieri, quand’era volto in bicicletta dell’associazione Addio Pizzo ed avvocato (ragione per cui starò attentissimo a ciò che scriverò n.d.r.).

Io e ugo forello
Io ed Ugo quando abbiamo imparato a riconoscerci

Come le strafighe alle feste me l’hanno presentato decine di volte, ma la volta successiva non si ricordò mai di me. Col tempo, in particolare dopo le elezioni comunali 2017,  finalmente, trovammo il modo di arrivare ad una certa sintonia sino a far scoccare il bacio, doppio bacio, triplo bacio con braccio sulla spalla. Un rapporto che a “noi vippettari” piace tanto mantenere.

La prima volta che le nostre strade si incrociarono, con conseguente presentazione, fu durante l’arresto di uno dei tanti boss della mafia palermitana. Ugo in quei momenti c’era sempre.

All’epoca infatti, Addiopizzo, di cui era membro, coinvolse con euforia la stragrande maggioranza dei cittadini “operativi”, entusiasti, della rivolta antimafia portata avanti dal Comitato. Eravamo tutti felici in quegli anni e quando ne arrestavano uno, i Lo Piccolo, Raccuglia, Nicchi, solo per citarne alcuni e lo ricorderete sicuramente, da Provenzano in poi, diventò consuetudine per la “Palermo radical chic”, andare sotto la questura a festeggiare gli eroi.

C’erano tutti, c’era Forello, abbracciato con gli altri, intento ad ammirare i poliziotti incappucciati. Che bei giorni quelli. Ritrovarsi sotto la Questura, da non imputati e poi, in posa e in favore di telecamera a “festeggiare” quei momenti attesi oltre quarant’anni.

Forello-in-biciServiva pure quello, serve ancora. Lo dico con rammarico e con tutta l’onestà intellettuale, senza “H”, di cui sono capace. Ed Ugo, di quel gruppo di rivolta, fatto di slogan, adesivi e pubblicità, era il volto figo, bello e giovane. Un momento forte di questa città con un “hipster fricchettone” a rappresentarlo. Un ruolo, che noi tutti, per un attimo, avremmo voluto avere e vivere.

E invece no, c’era Forello.

Poi arrivarono le magliette di “addiopizzo” e ad Ugo spettò il ruolo di modello; un novello “Che Guevara”, barbuto come il guerrigliero cubano che però, le magliette, a differenza sua, le indossava. E quelle t-shirt le volemmo tutti, con orgoglio!

Le conserviamo ancora quale ricordo del riscatto di Palermo e da oggi di Ugo Forello.

A te, amico, Ugo.

Di complotti e ragionamenti (pausa)

Di maio salvini complotti e ragionamenti

Questi appena trascorsi possono definirsi con estrema franchezza i tre giorni più pazzi dell’ultimo ventennio della politica e allora non possiamo non occuparci con dei ragionamenti di ciò che è accaduto.

Eppure ne abbiamo passate negli ultimi vent’anni. Tra ribaltoni, D’Alemoni, Prodoni, Berlusconi, tecniconi, trattativoni e chi più ne ha più ne metta, niente e nessuno, aveva mai costretto l’Italia e gli Italiani a riflettere e discutere così tanto di politica.

“Prima di tutto gli italiani” uno slogan a forma di boomerang, di quelli che lo lanci e prima o poi ti torna indietro. Per il lanciatore la speranza ha un volto soltanto: riprenderlo al volo. Un errore potrebbe colpirlo alla nuca con irrimediabile danno.

Improvvisamente infatti, la possibilità del cambiamento ha reso i cittadini partecipi e questo, in politica è un bene, per i politici no. Un pubblico presente si può manovrare. Un pubblico partecipe lo si deve convincere.

Dopo aver analizzato i percorsi che fin qui hanno portato l’Italia a non avere un Governo, due Premier incaricati, uno con rinuncia e l’altro sospeso come un caffè al bar di Napoli è il momento di provare a formulare anche qualche conclusione.

Mentre le sorti del paese, dopo quasi quattro mesi dall’esito del voto, restano ancora in balia degli “scontri”, l’elettorato, prima convinto di aver trovato un nuovo nemico nel Capo dello Stato, adesso si trova a duellare e parteggiare fra Matteo e Luigi. Ci siamo infatti tutti svegliati con in testa una domanda: chi ha vinto e chi ha perso nella trattativa per il fallito “governo del cambiamento”. Salvini o Di Maio?

Questa, anche se per molti è soltanto la risposta senza un approfondito ragionamento, è comunque una questione che va analizzata.

Dicevo quindi, quello tra chi sia stato il vero vincitore morale di questa partita è il dibattito del popolo. I sostenitori degli uni e degli altri, dopo 24h passate ad insultare il Presidente della Repubblica, fino ad allora, accusato persino dai due partiti d’essere mandante del fallimento, hanno scoperto un nuovo nemico: l’alleato.

Il tarlo del dubbio infatti si è insediato un po’ ovunque. E’ bastato infine che Di Maio confessasse a denti stretti che Salvini in fondo lo avrebbe fregato, per far zompare dalle sedie anche i sostenitori del cambiamento più ottusi.L’input che forse il vero responsabile del fallito governo del cambiamento non sia stato Sergio Mattarella infondo non era difficile da ipotizzare. Tutti, nella loro vita, prima o poi si saranno trovati a dover fare un passo indietro per il bene di qualcosa. Persino i muli più cazzuti.

Tra i sostenitori di entrambi scricchiola l’armonia e tra chi accusa quello e chi accusa l’altro, alla fine bisogna tirare le somme sui fatti.

Abbiamo già raccontato la strategia vincente della Lega che, grazie alla fermezza di un equino ha in realtà raggiunto l’obiettivo di inchiodare al palo il movimento cinque stelle e lo stesso Mattarella, divenuto il nemico del popolo, ottenendo così l’obiettivo di un voto anticipato dopo un forte incremento della popolarità.
Di Maio invece sta sul filo. Rantola

Il leader degli stellati ha vinto proprio nulla ed abbastanza palese il fallimento di strategia promosso. Cospargendosi il capo di cenere, dopo una figuraccia stratosferica col Capo dello Stato e con la maggior parte degli italiani, ha compreso di essere stato fregato da Salvini. Ha fatto l’unica mossa che gli restava: chiedere scusa e tornare col cappello in mano dal Presidente.