La Renzicrisi amica mia

È un po’ di tempo che in questo spazio non discutiamo di amicizia e in particolare dell’amicizia politica con la p di Prodi e di predatori, minuscola. Insomma quell’amicizia che uno strizza l’occhio e ci siamo capiti.

In questi giorni ci si è interrogati su cosa volesse Renzi da quest’ultima, si spera, avventura di governo, a cui partecipa dai tempi dell’altro stallo voluto dal secondo Matteo (Salvini), e quali fossero i motivi che hanno spinto un ex premier ad aprire una crisi nel momento storico più buio della Repubblica. In particolar modo ci si è chiesto come intendesse poi risolverla.

Partiamo da un punto fermo e abbastanza scontato: se apri una crisi togliendo i numeri ad una maggioranza di Governo, la prima reazione tra i parlamentari è, emulando un famoso meme che lo riguarda, lo shopping.

Inutile vociare ai quattro venti lo scandalo della compravendita degli onorevoli. È sempre successo e succederà ancora. La gente ha un prezzo e con un paese al collasso il prezzo è salato e addirittura può passare per giusto. Il buying and selling parlamentare infatti (lo sto facendo per i renziani che senza inglesismi fingono di non capire una conversazione), è una pratica notissima, persino giustificabile nel momento in cui le circostanze impongono alla nazione un certo senso di responsabilità. E sulla nozione di responsabilità ognuno può speculare quanto gli pare.

Dunque, cosa spera o sperava di ottenere Renzi con la sua Italia Viva?

Andiamo con ordine. Matteo lo conosciamo, è notorio quanto l’amor proprio spesso prenda il sopravvento su qualsiasi ragionamento alla base della sua azione; è un uomo vittima di sé stesso e della passione per la ribalta. Attenzione, la ribalta non la ribaltabile come un suo predecessore (n.d.r.).

Renzi, fotografato dalla rivista Chi, che porta alla domanda perché?

Il primo elemento evidente di questa storia sembrerebbe la vendetta, consumata in ragione di uno sgarro, che, badate bene, non è rivolto a Conte ma al Movimento 5 Stelle e, in seconda istanza, un tentativo di pubblicizzarsi. In ultimo, la futura nomina del Presidente della Repubblica.

Eliminato Conte con largo anticipo dalla scena infatti, evapora sostanzialmente la possibilità che lo stesso possa, a fine legislatura, costruire un partito dalle ceneri del Movimento. Un anno fuori dai riflettori pesa e peserebbe sul futuro politico di chiunque. Anche di uno che piace come piace Conte.

Diventare Premier e avere i riflettori di una crisi puntati addosso è, storicamente, dal punto di vista personale, una fortuna. Renzi questo, probabilmente, non l’ha mai accettato. Inoltre, una possibile nuova proposta rinvigorita dalla figura forte di Conte, ridurrebbe ancor di più la possibilità che il micro ecosistema associato Bonino-Calenda-Renzi, possa dire la propria al prossimo giro.

Nessuno poi, neppure uno come Cossiga e figuriamoci un uomo delle istituzioni come Mattarella, scioglierebbe in un momento come questo le Camere. Il paese andrebbe in fiamme e solo uno stupido potrebbe, dopo un anno di crisi, di restrizione economica e libertà, fermare la distribuzione di sostegni e risorse in favore della popolazione e delle imprese, per aspettare il voto o le decisioni di un commissario, a ridosso inoltre, del semestre bianco.

Quale idiota farebbe saltare la delicata tenuta sociale?

Renzi dunque, che stupido non è, sapeva bene che l’unico modo per uscire da un stallo, nessuno crede e può ancora credere alla nascita di un Governo 5stelle-Pd-Berlusconi-Europeisti, sarebbe stata e probabilmente sarà, il ritorno dei tecnici o come diciamo tra amici, il governo delle larghe intese e cioè dell’occhio strizzato.

Ecco lo scacco matto. Il famoso governo tecnico, l’ancora di una possibile salvezza. Il modo migliore per fingere di essere opposizione, il bastian contrario costretto dalla necessità. La possibilità di poter dire e fare di tutto dall’interno e poi, come si diceva una volta, agire perché ce lo chiede l’Europa.

Allora cosa succederà presto? Arriverà un contabile della democrazia, anonimo, di quelli senza ambizione (qualche nome è già uscito), che si assumerà il “peso” della responsabilità senza nulla a pretendere, anzi, col vantaggio di poter dire un giorno: “sono stato il Premier del mio paese”.

Crollato Conte, sfumata l’ipotesi di un nuovo polo, lasciati i guai e la ribalta grigia nelle mani di personaggi che non ambiscono, Renzi pensa infine di rientrare in scena, ripulito e forte del ruolo di oppositore. Un grande classico del metodo “renziano” (leggasi Letta, Bersani, Marino, Crocetta).

Alle prossime elezioni, tante solite supercazzole e chissà, magari una bella lista centrista con i reduci di Forza Italia, i combattenti Europeisti, gli Azionisti a sostengo di una coalizione che si costituirà dopo il voto, perché nessuno potrà mai avere una maggioranza assoluta con la legge elettorale vigente, con l’obiettivo di riuscire ad essere determinante sulla scelta del nuovo Presidente della Repubblica.

Anche questo, un film già visto: vi ricordate i 101 che sabotarono l’elezione di Prodi? Do you remember?

In questa fogna, l’unico che brinderà sarà quell’anonimo che porterà a casa un risultato incredibile per la propria vita, come accaduto con altri recenti illustri Premier, entrati nella storia senza un perché e, pensate un po’, ancora grazie all’ego smisurato di Renzi.

Lega contro tutti (2° tempo)

Luigi Di Maio Lega contro tutti (2° tempo)

Leggi il Primo tempo.

Eravamo rimasti con Carlo Cottarelli, incaricato di formare il “governo del Presidente”, viene convocato il 29 maggio alle ore 16.30 per discutere un’eventuale lista di Ministri.

Cottarelli accettaIl Pd, finora silente, va in soccorso di solidarietà si schiera con Mattarella, per gli insulti che intanto piovono dal web, ma si asterrebbe da un eventuale voto di fiducia sul nuovo esecutivo.

Si asterrebbero anche Forza Italia e Fratelli d’Italia, nessuna notizia da Liberi e Uguali. Sempre sul pezzo.

La sera del 29 maggio dunque, la nomina di Cottarelli  viene congelata a sorpresa. Colpisce nel segno anche la notizia di una nuova apertura al Colle da parte del Movimento Cinque Stelle. Salvini, sull’onda delle dichiarazioni di Di Maio, riapre anch’esso la discussione per la nascita dell’ormai noto governo del cambiamento.

Carlo Cottarelli a colloquio da Mattarella, nella serata del 29, quando ormai avrebbe dovuto consegnare la lista dei Ministri, stoppa tutto, su consiglio dello stesso Presidente, in attesa di capire se Lega e M5S si decideranno a chiudere la partita politica.

Viene annunciata una nuova convocazione per il due giorni premier nella mattina del 30 di maggio.

Mai visto niente del genere.

Retroscena

Salvini a conti fatti se si andasse alle urne già dopo agosto, potrebbe diventare il capo del centrodestra e Premier con la maggioranza assoluta anche senza il Movimento Cinque Stelle.

Ecco spiegato il motivo per cui non ci sarebbe mai stata la volontà di spaccare la coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia, che, alle condizioni attuali, con i sondaggi tutti a favore e con Silvio riabilitato, consentirebbero a una vittoria assoluta al centrodestra.

Ecco perché non c’è interesse da parte della Lega a mantenere vivo il sentimento d’accusa su Mattarella che però a questo punto mette in forte imbarazzo il Movimento tutto, complice, per compiuta scarsezza politica, della strategia della Lega.

Agli osservatori è infatti sempre stato chiaro che Salvini non fosse mai stato davvero convinto di mandare in porto il contratto di governo. Fin dai primi giorni che seguirono il 4 marzo, si pensò immediatamente che la soluzione migliore per la Lega fosse protrarre il più possibile tutte le decisioni dal Colle, per arrivare fuori tempo all’ipotesi del ritorno al voto. Questo avrebbe fatto sì che Pd e FI, con l’idea malsana e già sperimentata del voto utile, avrebbero ceduto quote in favore di Lega e M5S.

Stesso pensiero sul Movimento che, a differenza del carroccio, si sarebbe fatto convincere strada facendo, cadendo quindi nella tela di Salvini.

Dopo 58 giorni di stallo dunque, i due partiti concordano la nascita di una leadership Lega-5s, stoppando l’ipotesi di voto anticipato e governo tecnico fino a dicembre, annunciato dal Presidente Mattarella dopo il terzo giro di consultazioni non andato a buon fine

L’anomalia dunque sembra essersi compiuta anche se i sospetti di un fallimento programmato della nuova alleanza, non si sono mai arrestati. A dar forza all’idea che fosse tutto un bluff il documento siglato dai due partiti che fino alla versione definitiva non chiariscono i dubbi sulle manovre proposte e che, a sentire gli economisti, avrebbe causato una uscita in bilancio di 150 miliardi di Euro a fronte di un’entrata da 50 milioni.

Di Maio ed il movimento dal PresidenteMa come si potrebbe compiere una simile manovra? Uscendo dall’Europa che, anche per costituzione, ci impone il pareggio di bilancio. Ad avallare questa ipotesi, trapela la notizia della proposta di nomina di Paolo Savona al Ministero dell’Economia, da sempre, euroscettico.

Il contropiede su Mattarella dunque si compie grazie alla furba idea di Salvini di insistere sulla proposta di nominare un Ministro sgradito all’Europa e respinto già ufficiosamente dal Presidente.

Durante le prime ore della nascita del Governo Conte infatti, trapelarono già le voci di un veto all’economista su cui alla fine crollerà il contratto di Governo.

Il perché resta sempre uno: alla Lega conviene il voto anticipato ma non prima del nuovo anno. Questo infatti sarebbe il risultato perfetto. Il centrodestra unito volerebbe quasi al 50% dei consensi. Una campagna elettorale contro “il sistema” farebbe presa sulla gente, già mobilitata e giustamente incazzata, seppur, molto spesso inconsapevole sul vero mandante di questa nuova situazione d’emergenza.

Il movimento, lasciato solo sulla questione “impeachment” e solo su una futura campagna elettorale, capisce di essere stato fregato e rilancia con l’unica opzione possibile: riaprire il dialogo col Presidente e rimettere la Lega attorno al tavolo. Obiettivo: un governo politico per fermare il centrodestra e principalmente non restare con un pugno di mosche in mano.

La Lega adesso è contemporaneamente con tutti e contro tutti.

(qui l’articolo precedente)