Il caciocavallo palermitano

il caciocavallo palermitano

Un parallelepipedo dal colore superficiale ambrato, piccante ma soprattutto emozionante al palato: il caciocavallo palermitano o “di Godrano” è certamente meno noto del cugino ragusano, seppur, con le dovute proporzioni, amato in egual misura nella città di Palermo e nei suoi dintorni.

Inconfondibile per il suo sapore ricco e deciso, riconoscibile dalla sua fragranza unica, il caciocavallo è davvero un formaggio immancabile nei piatti della cucina panormita.

Il “Godrano” – paese della provincia di Palermo da cui prende la denominazione – è ottenuto grazie alla lavorazione di latte vaccino di mucca autoctona, meglio se “cinisara”. Prodotto riconosciuto “tradizionale”, poiché lavorato con strumenti della tradizione, inserito nel presidio “slow food” ed in fervente attesa del riconoscimento DOP.

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Il Bacarretto di Marco Accardi

il bacarretto di marco accardi

Tra le cose belle di questa tre giorni non avevo ancora detto che sono stato a Venezia, avendo dimenticato e cito, “‘u pane pi picciuna”, sono stato a trovare un amico di gioventù, altro compagno di classe che ha deciso di lasciare la Sicilia per il Veneto.

Marco Accardi, le cui qualità tanti conoscono, ha aperto uno splendido ristorante con piatti della tradizione siciliana proprio a Venezia, ed io, che in genere non amo il cibo migrante, posso assicurarvi di non aver mangiato piatti così siciliani lontani da casa.

Il “Bacarretto” della famiglia Accardi è veramente un luogo top, prima ancora che per il mangiare, per la passionale accoglienza di Marco. Quindi, amici lontani da casa, se passate da Venezia ed avete “spinno” di spinciune, arancine, caponata e cannoli, fate un salto al Bacarretto.

Fici camola

La Bmw, ma anche la camola, è un marchio “non per tutti”. A Palermo però dentro un’officina può accadere anche questo

Per una città marinara la ruggine può essere un un problema grave. In particolare può nuocere alla salute dell’italiano.
Ecco cosa può capitarvi presso un’officina Bmw, tra clienti impomatati e con il mezzo sigaro in bocca:

Cliente al meccanico: la verniciatura quanto è garentita?
Capo Officina: Due anni.
C: Ah. Due?
C.O.: Si.
C: Ho il tappo ca mi fici camola…
C.O.: Sarà prodotto corrosivo. (eh???)
Cliente ad altro cliente: ‘U viri cà, nno tappu! 6 anni e mi fici tutta a camola.
Non ha senso!

Infatti, non ha proprio senso.

30 anni di via Pipitone Federico

30 anni fa la strage di via Pipitone Federico uccideva il Magistrato Rocco Chinnici ma non la caparbietà del pool antimafia di Palermo

Rocco Chinnici e Giovanni Falcone

Il pool antimafia fu ed è ancora il centro pilota giudiziario della lotta alla mafia, considerato un esempio per le altre Magistrature d’Italia ed un modello internazionale efficace di contrasto alla criminalità organizzata.

Un’ idea che ha rivoluzionato la lotta allo strapotere mafioso e che fu principalmente il frutto delle capacità intuitive del magistrato Rocco Chinnici, palermitano della provincia.

In quella che viene ricordata come la stagione degli anni di piombo, il sangue sulle strade del capoluogo portava Palermo ad essere paragonata alla Beirut libanese. Nato a Misilmeri, Chinnici infatti, venne trucidato barbaramente nel 1983 in via Pipitone Federico a Palermo, da autobomba piazzata sotto il portone di casa.

Rocco Chinnici si laureò in Giurisprudenza nel 1947 ed entrò in magistratura cinque anni dopo con destinazione Trapani. Fu pretore di Partanna per dodici anni, luogo simbolo, che diede i natali a Rita Atria, altra vittima della ferocia della mafia qualche decennio dopo. Venne trasferito nel ’66 nella sua Palermo come Giudice Istruttore del Tribunale.

Alla fine del 1979, tornato da un periodo di Cassazione, passò alla guida dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, dove organizzò, in modo simile a quanto avvenuto a Torino contro le Brigate Rosse, un “pool”; un gruppo di magistrati e funzionari delle forze dell’ordine dedicate in esclusiva ai reati di mafia.

Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, Boris Giuliano, Antonino Cassarà sono alcuni degli uomini che composero il team che scoperchiò l’alone di mistero che fino ad allora aveva coperto gli affari di “Costa Nostra”. Iniziò qui la lunga stagione delle stragi che proseguirono sino a quelle di Capaci e via D’Amelio e che oggi sono oggetto di una presunta trattativa tra Stato e Mafia.

Boom!

Chissà se arrivò a sentire il botto quella mattina del 29 luglio del 1983 uscendo dal portone di casa.

50 kg di tritolo, a soli 58 anni, lo strapparono alla vita, alla famiglia ed alla città di Palermo. Con lui anche il Maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato. Con loro perse la vita anche il portiere dello stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi.

Scritto per fascioemartello.it il 29 Luglio 2013

Orlando ed il primo anno da “leone Ciccio”

Cracolici lo definì il vecchio leone Ciccio di Villa Giulia, ma lui vinse le elezioni con il 70% dei voti al ballottaggio

orlando il leone ciccioDefinito da Cracolici il Leone Ciccio, immagine dissacrante di un leone vinto dalla vecchiaia ed incapace di graffiare, come appunto il felino dimenticato di Villa Giulia, giusto un anno fa, veniva eletto Leoluca Orlando.

Sarà come non sarà, ma il leone Ciccio, in barba all’opinione politica, riuscì a dare l’ultima graffiata, anzi timpulata, di quelle che fanno molto male. Se lo ricordano il partito Democratico e quei “compagni” resi ciechi dall’esercizio “onanistico-mentale” dell’auto consacrazione.

Me, ahimè, compreso.

Ma un anno, anche a Palermo, è un periodo congruo per fare bilanci e dunque proverò ad analizzare l’operato di Ciccio Leone l’eterno.

Partendo dall’assunto che un paio di mesi fa già parlai di una politica di città completamente addormentata e nascosta all’opinione pubblica, vorrei riprendere qualche tweet che scrissi alcuni momenti dopo la vittoria del “Sinnacorlando”. Giocai molto sul parallelismo con gli anni ’90, già passati ruggenti momenti del tre volte Sindaco.

Con “Luca” di nuovo in sella, tutto ci riportava proprio a quegli anni: tornavano in Serie A il Pescara e con lui Zeman, Frizzi presentava Miss Italia, Claudio Fava aveva perso qualche elezione ed io avevo addirittura appena ritrovato il conopalla in una bottega di Atene.

E poi c’era lei, la cultura del sospetto, da sempre cavallo di battaglia del professore; “il sospetto è l’ anticamera della verità” diceva citando qua e la santi e filosofi del pleistocene. La usò benissimo anche in questa campagna elettorale tuonando ai brogli ed ai complotti, annientando di fatto le già inutili primarie del centrosinistra e candidandosi pur “avendole perse” in associazione temporanea di scopo con Rita Borsellino (BorsOrlando).

Dulcis in fundo “la Rete”, anche questa volta, forse caricato dalla vittoria, il sospettoso Sindaco ha in mente un suo nuovo soggetto politico che nascerà dallo sviluppo di una serie di incontri intitolati la retitudine2018. Insomma sono passati vent’anni ed i parallelismi storici tra la vita di Orlando e gli avvenimenti sembrano correre su di un unico binario. Persino il calcio, con la retrocessione del Palermo, ha voluto concedere un omaggio alle coincidenze.

Tornando ai risultati, considerato anche il momento storico in cui viviamo, potremmo affermare che, oltre all’immobilismo di un consiglio comunale silenzioso, quasi anonimo al momento, poco ha fatto o potuto fare l’attuale amministrazione. Non penso vi siano colpe riconducibili ad un cattivo operato del Sindaco e alla sua Giunta. I problemi più gravi però sono restati ed alcuni sono precipitati.

L’ Amia ad esempio è fallita, bellolampo ha ancora una volta esautorato gli spazi per il conferimento dei rifiuti e non si sa il destino dei lavoratori dell’azienda.
I precari ogni giorno rivoltano la città, quasi che fosse una guerra civile, ed in questo casino non si capisce bene quali siano gli interlocutori che dovrebbero risolvere i problemi. Il sindaco scarica le responsabilità sulla Regione e la Regione li rimpalla all’amministrazione comunale.

Passando alla cultura non sono giunte voci di rivoluzione, anzi gli ultimi provvedimenti sui locali pubblici hanno causato non poche grane ai gestori. Anche se, a mio avviso, un minimo di regole andavano applicate.
Sul welfare al momento nessuna novità, mi incuriosisce molto il fatto che siano spariti dall’agenda delle manifestazioni di protesta i senza casa.

Sarà un caso.

Anche le attività produttive non se la passano meglio; hanno chiuso quasi tutti i grandi marchi storici della città, l’ultima in ordine di tempo la catena di librerie Flaccovio. E se a qualcuno non è chiaro, questi sono posti di lavoro e tasse che la città perde per sempre.

Non ci resta dunque che sperare.

Nel frattempo al “Sinnacociccio” do una dritta presa dai miei tweet di maggio: acquistiamo due azioni di facebook e ci infiliamo 500 precari. Forse non se ne accorgono.

Per i più curiosi ecco i tweet di maggio 2012.

Leoluca Orlando, Zeman e poi il Pescara in A…minchia siamo tornati negli anni novanta senza la macchina del tempo #BacktotheFuture

#OrlandoèsindacodiPalermo mangio un pacco di cicciopolenta a 50lire ed ho trovato la figurina di Ciccio Baiano in viola

#OrlandoèsindacodiPalermo ed il conopalla é aumentato a 800lire! Mia madre non mi lascia Mario Bross sulla mia nintendo

#OrlandoèsindacodiPalermo ed io ho solo 500lire, mi posso permettere solo un ghiacciolone alla cocacola o limone

#OrlandoèsindacodiPalermo ed il calippo é così in voga che quello della marca concorrente per vendere ci mette dentro una ciunga a pallina

#OrlandoèsindacodiPalermo ho scritto un bigliettino “ti vuoi mettere con me – si/no” alla mia compagna

#OrlandoèsindacodiPalermo ed io che ho perso faccio il #simpa, perché in fondo in fondo c’è chi sta peggio

#OrlandoèsindacodiPalermo ed ha comprato due azioni di facebook per infilarci 500 precari

La verità però è che #OrlandoèsindacodiPalermo perché ancora un discorso lo sa fare

scritto per Fascioemartello.it il 27 maggio 2013