Algoritmo amico mio

Da qualche settimana è partito l’aggiornamento dell’algoritmo Facebook che modifica sostanzialmente i contenuti che visualizziamo quotidianamente quando scorriamo la nostra home di amici e pagine.

Se interessati a capire meglio l’argomento vi invito a leggere “Facebook Newsgeddon” un articolo del Corriere.it che specifica meglio gli aspetti informatici della modifica e oppure “Più amici e meno aziende” del portale lettera43.it che esplicita meglio le motivazioni.

A me interessa invece fare una riflessione del vissuto su Facebook, una piccola analisi sul primo decennio italiano della piattaforma, chiaramente ed assolutamente personale, partendo da alcune riflessioni nate visualizzando le abitudini dei contatti che frequento.

sguardo da inutile pensatore algoritmo amico mio
Io in uno scatto con lo sguardo da inutile pensatore 

Parto dal punto essenziale: questo aggiornamento dell’algoritmo Facebook è una manna dal cielo. Adesso i social media manager dovranno sforzarsi di creare contenuti lunghi ed interessanti, magari originali, senza scopiazzare. Verrà tolto spazio a madonnari, gattini e like in cambio della salvezza del mondo. Bene così.

Sarà dura. Inventarsi da zero un concetto, un pensiero o persino una riflessione che superi l’astratta idea di messaggi come quelli che “nessuno ti farà mai vedere” o condividere video presi dalla tv che però “in tv non finiranno mai”. Insomma ci vorranno inventiva e meno immagini con scritte imbecilli.

In poche parole idee, contenuti.

Tra quelli che più subiranno il colpo ci saranno i “voyeur” della notizia, cioè quelli che fanno “giornali”, testate e blog aspettando che i quotidiani pubblichino qualcosa da scopiazzare e rieditare, racimolando like e condivisioni sul lavoro degli altri.

È la fine, probabilmente, per i direttori ed editori di “testate online in attesa di registrazione” o giornali online con un autore e tutti i post firmati “redazione”, gli stessi che odiano i blogger perché non sono iscritti all’ordine dei giornalisti e però, in alcuni casi, a differenza loro, nella vita si sono impegnati nel voler trovare notizie (a volte anche a riscontrare quelle dei presunti giornali), fonti e documenti. Insomma si è spento l’inganno degli inquinatori del web.

La speranza, l’ambizione dell’azienda californiana, non un atto di gratuita bontà sia chiaro, è quella di premiare finalmente le persone che stimoleranno dibattiti su idee. Di limitare, escludere, rallentare, la crescita di “inutili pensatori” con concetti di “poche righe” (scrivere poco, scrivere il giusto, non è sempre un male! n.d.r. ). Non semplici condivisioni affrettate e da fonti non verificate. Un argine per “fakenews” e “fakeman”. Insomma non sarà più il momento dei “prof mi viene troppo lungo” e neanche del ce l’ho più lungo.

I “professionisti” dovranno sforzarsi di più; coinvolgere più parenti, fare dei post e poi supplicare la gente di leggere e commentare. Cosa assai difficile da realizzare in un’era di narcisisti come questa.

Per me, una ventata di novità interessante, forse la prima di questi ultimi 5 anni. Per altri è un po’ come quando Badoo si è trasformato da social network per nuove relazioni al sito principe per battone con foto arrubbate.

Siete spacciati.


p.s.

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